La canapa è una pianta che da migliaia di anni accompagna la vita dell’uomo, anche se nell’ultimo secolo, a causa di politiche repressive piuttosto miopi e la cui origine effettiva è attualmente fonte di grosso dibattito, il suo uso e consumo sono calati in maniera drastica.
Per fortuna la battaglia che molti coltivatori ed estimatori di questa pianta hanno sostenuto è riuscita a dare i suoi frutti, complice anche il fatto che oltre al famigerato THC, nella cannabis ci sono altri principi attivi perfettamente legali e molto importanti per la salute umana.
La cannabis è piena di sorprese e per fortuna è anche una pianta molto facile da coltivare, sia in campo aperto che al chiuso, perché richiede pochi accorgimenti per produrre raccolti molto interessanti e con caratteristiche di altissima qualità.
Canapa indoor o outdoor?
Il principale dilemma è sempre quello del dove coltivare le piante di canapa, perché molte sue varianti, che garantiscono ottimi raccolti, hanno il brutto difetto di essere enormi.
Sebbene si tratti di una pianta annuale, la canapa in natura supera spesso i 4 metri di altezza, condizione questa che la rende molto difficile da adattare ad un piccolo giardino, anche perché più sono alti gli esemplari, maggiore è il loro diametro.
Questo tipo di canapa strettamente outdoor è destinata perlopiù alla produzione di fibre tessili, perché in questo modo si ottengono prodotti di alta qualità.
I filamenti che si estraggono per macerazione dei fusti sono lunghissimi, condizione indispensabile per la creazione di cordame e capi di vestiario o accessori.
Queste piante producono una quantità apprezzabile anche di semi, ma le infiorescenze sono piccole rispetto a quelle pensate per le serrette, dove alle fibre si è preferita la resina.
Le selezioni per la coltivazione al chiuso comunemente dette indoor, invece, non sono adatte alla produzione tessile e all’inizio sono state selezionate in paesi come la Svizzera e l’Olanda.
Erano piante esclusivamente preparate per incrementare la concentrazione di tetraidrocannabinolo o THC a discapito della quantità di semi, che per gli usi voluttuari sono da sempre considerati solo un fastidio, come le fibre lunghe.
La coltivazione della canapa però ha una storia più che millenaria, dovuta al fatto che si tratta di una pianta facilissima da ibridare e quindi nel giro di qualche generazione, ovverosia di pochi anni, si possono far esprimere diverse peculiarità genetiche, come la concentrazione di principi attivi, oppure le dimensioni.
Dalle stesse strain, come sono chiamate in gergo tecnico le differenti tipologie di canapa, selezionate all’inizio per la produzione di THC, in seguito sono state ricavate varianti con alti tenori di CBD.
Germinazione della cannabis
Sebbene si tratti di una pianta molto robusta e facilmente adattabile a terreni spesso proibitivi come quelli montani, le sabbie oppure le zone paludose, la canapa è piuttosto fragile nelle sue prime fasi di vita. In particolare quelle comprese fra la germinazione e la produzione delle prime foglioline sono critiche.
I semi devono essere messi tra due strati di cotone leggermente inumiditi perché producano le loro radichette. È bene evitare la carta e i prodotti sintetici, perché possono inibire la crescita dei capillari che sono fondamentali nelle prime fasi di sviluppo. Quando dopo la germinazione i cotiledoni, ovverosia le due metà del seme, si aprono, bisogna aspettare che ci sia il germoglio effettivo. Si riconosce perché ha delle foglie vagamente simili a quelle dell’adulto, spesso curvate a punto interrogativo nelle prime fasi.
In questo momento non si deve avere fretta e aspettare che la piantina inizi a drizzarsi. Dopo che sono state messe le radici, infatti, lo strato superficiale di cotone deve essere rimosso per dare tutto lo spazio necessario alla pianta per svilupparsi. Nelle prime fasi è indispensabile mantenere la luce bassa ed evitare che le piantine vengano esposte direttamente alla radiazione solare, che le ucciderebbe disidratandole.
Quando la piantina inizia ad essere circa 2 cm, va trapiantata in vasetti per germinazione, riempiti di terriccio a bassa densità, evitando l’uso di sabbia perché le radichette devono potersi sviluppare tranquillamente senza incontrare resistenza. Anche in questa fase la luce deve essere sempre indiretta. Quando infine si sono superati i 5-7 cm di pianta e le foglie iniziano ad avere una forma ben definita, di solito sono due oppure tre, bisogna provvedere al trapianto.
Nel caso di coltivazione indoor, questo avverrà all’interno di un vaso preparato opportunamente con una miscela di terriccio a media densità e un fondo fatto di argilla espansa. Il tutto unito a sabbia grossolana per un buon drenaggio ed evitare i pericolosi ristagni.
Se invece la coltivazione è in esterno, basta annaffiarla al tramonto e garantire che le radici non trovino un terreno troppo fangoso, altrimenti c’è sempre il rischio che si danneggino.
Perché coltivare la cannabis
Per le piante da seme la coltivazione della cannabis è utile se si intende utilizzarle come complementi per l’alimentazione, come per esempio tostati oppure essiccati e consumati crudi insieme al muesli. Se invece il raccolto è sufficiente, si possono impiegare per l’estrazione dell’olio alimentare con macina a freddo, così come del CBD, o cannabidiolo, secondo procedimenti di tipo erboristico.
Infatti il principio attivo deve essere concentrato con un metodo particolare. Un uso alternativo, è la macinatura per preparare la farina. I semi di cannabis e sono proteici e privi di glutine, del tutto adatti a diete speciali come quelle vegane e per i celiaci. In purezza si possono utilizzare per la preparazione di pasta frolla dopo averli ridotti in farina, oppure macinati in maniera grossolana. Mentre per la panificazione, dove c’è bisogno di una lievitazione più intensa, è meglio mescolare la farina con quella di altri semi, per compensare un po’.
La canapa consente di ottenere prodotti da forno come pane e focacce morbidi e gustosi, anche per i principianti che vogliono sperimentare un po’ di cucina alternativa. Le sementi si possono anche utilizzare per la preparazione di un tipo particolare di birra, che a differenza di quella di orzo non richiede l’aggiunta del luppolo.
In questo caso però bisogna sempre verificare che il contenuto di tetraidrocannabinolo dei semi sia molto al di sotto della soglia massima prevista per legge. Infatti per un meccanismo di passaggio per infusione c’è sempre il pericolo che nella birra si raggiungano livelli di THC attivi, che non sono desiderabili.
Acquistare sempre semi di qualità
Sia per il consumo diretto, che per la lavorazione per ottenere prodotti particolari e nel caso in cui si scelga di provare a seminare la cannabis, non è consigliabile acquistarla da piattaforme poco affidabili su internet. Sensoryseeds.it si è dimostrata una fra le più credibili, per via della disponibilità di selezioni dei migliori canapai.